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         SITO NON UFFICIALE BY MICHELA A. 
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             Speciale Fiorella Mannoia 22/03/2001  | 
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| Fiorella 
            Mannoia, il mio canto timido "Nel nuovo album, 'Fragile', sviscero i sentimenti che nascono da incontri e separazioni, con un pizzico di nostalgia per De Andrè"  | 
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             ROMA, 2 FEBBRAIO 2001 - Quella secondo cui il 
            distacco smorza le passioni mediocri e accentua le grandi è una 
            massima di cui Fiorella 
            Mannoia fa tesoro tra fremiti notturni del nuovo album 
            "Fragile", ora nei negozi. Nove canzoni in bilico sui sentimenti, 
            che dietro le finestre di un grande albergo a due passi da Piazza 
            del Popolo la cantante romana prova a legare col filo di una sottile 
            nostalgia. Che ritratto pensa di aver affidato a questo disco? "La vita è fatta d'incontri e di separazioni. E gli addii generano sempre fragilità. Nonostante le apparenze, ogni volta che tentiamo un bilancio della nostra vita ci accorgiamo di essere un meccanismo delicato". L'album scivola attraverso vari aspetti di separazione. "C'è quella dovuta all'abbandono, quella tremenda della guerra, che ti toglie ogni certezza sulla sorte dell'altro, e quella invece ineluttabile della scomparsa". Con De Gregori canta "L'uccisione di Babbo Natale". "Tutto è nato dal bellissimo ricordo del concerto a due che tenemmo a Modena nel settembre del '99 . E 'L'uccisione di Babbo Natale', acuto di 'Bufalo Bill' che avevo seppellito nella memoria per oltre vent'anni, m'è sembrato subito perfetto". Nel brano Babbo Natale rappresenta i nostri sogni. "Sì, però mentre la canto mi scorrono davanti agli occhi anche fatti di ronaca, come l'uccisione a Chiavenna di suor Maria Laura Mainetti. La perdita del valore della vita umana, la naturalezza con cui le giovani generazioni compiono i più efferati delitti e se ne tornano a casa come se niente fosse". Lei si fece conoscere con "Il pescatore" di Bertoli, mentre in "Fragile" interpreta il brano omonimo di De Andre'. "Quel pezzo di Fabrizio tratta un altro sentimento a rischio: la compassione. La nostra memoria corta s'è gia' dimenticata di quando in Germania scrivevano all'ingresso dei locali 'vietato l'ingresso ai cani e agli italiani". "Come mi vuoi?" la mette a tu per tu per la prima volta con Paolo Conte. "E' da tempo che sognavo di cantarlo. Ma quei suoi ambienti fumosi, quelle avventure esotiche dall'impronta maschilista rendevano l'impresa al tempo stesso ostica e affascinante. Poi, ascoltando 'Come mi vuoi?' credo di aver individuato un varco". La bellezza e' davvero 'cattiva' come canta in 'Occhi neri'? "E' cattiva perche' spesso non la puoi raggiungere. Come quel languore che provi al museo davanti ad un capolavoro. Ma 'Occhi neri' e' soprattutto una canzone sulla timidezza. Su quella 'adorabile malattia' narrata anche da Italo Svevo in 'Senilità"". E www.fiorellamannoia.it ? "Considero il mio sito una specie di casa elettronica. E siccome a casa tua non vivi solo di musica, ho voluto ritagliarmi una paginetta, 'A proposito di...". con link su Amnesty, Greenpeace, ma anche Reporter, un raro esempio di giornalismo d'inchiesta che funziona". 
 Se da sempre fa corpo unico con tante grandi, piccole, intense e memorabili canzoni? Interprete non autrice, cantautrice a modo suo. Portavoce magnifica, convinta e convincente, delle melodie e delle parole altrui. Abile investigatrice del mondo compositivo di qualche buon amico, ma anche intuitiva e abile nell'osservazione delle nostrane retrovie cantautorali. E' qualcuna di queste verità , o tutte insieme, Fiorella Mannoia. Fiorella che mesi fa, sulle parole scritte da Piero Fabrizi, scherzava con leggerezza sull'argomento è diventata finalmente cantautrice proprio nel momento in cui, cantando, ha deciso con vigore di negarlo. E allora quel "non sono un cantautore, questo è logico" piacevole tormentone radiofonico di qualche tempo fa, suona adesso come una magnifica burla. Ora che con un doppio album dal vivo Fiorella cementa il suo stile con quello di chi ha spesso scritto pensando a Lei. "Certe Piccole Voci" aggiunge valore ai pensieri fatti da molti di noi ascoltando, di volta in volta, quelle canzoni sempre scelte con cura, incorporate con intensa delicatezza e poi restituite al pubblico, Canzoni "sue", volute, cercate, comprese, amate da Lei. Scritte, forse, chissà. Canzoni che attraversano, come una spina dorsale di emozioni e di accordi semplici, la nostra musica più bella e significativa. Eccola sorvolare il De Gregori più acclamato (quello de "I Muscoli Del Capitano", da Titanic) e il meno sfruttato "Ninetto e la colonia", da Bufalo Bill e la preziosa "Cuore Di Cane"), confermare il giovane talento di Silvestri ("Il fiume e la nebbia") e di Bersani ("Crazy Boy"), rinnovare antiche perfezioni ("Normandia", di Fabrizi come altri episodi non meno significativi) e rendere definitivamente classica "Il cielo d'Irlanda" (in'invenzione di Bubola su stimoli celtici). Se non manca all'appello, il Ruggeri di "Quello che le donne non dicono", nemmeno il coraggio e la personalità di Fiorella fanno difetto a questa felice raccolta di canzoni ben suonate da un gruppo impeccabile (Rea, Fabrizi, Bardi, Rivagli, Micheletti, Boscariol e Pascoli). A chi cercava l'ultimo esempio dell'adattabilità di quest'interprete e della forza con cui "contagia" le sue scelte, viene servita "Sally", storia delicatamente cruda e prodotto del miglior Vasco Rossi. C'è la carriera, tutta o quasi, di Fiorella Mannoia in questi due dischi, e ci sono le più belle canzoni scritte per Lei da Fossati ("I Treni A Vapore" e "Le notti di Maggio", due titoli fra i tanti), compresa "L'amore con l'amore si paga", dono recentissimo e luminoso, che con "Sally" costituisce la novità più succosa della raccolta. Al termine della quale, quasi fosse in uno dei tanti teatri visitati lo scorso inverno, Fiorella saluta tutti, "senza inchino, sfumando", con la sfrontatezza di chi sa di aver lavorato bene.  | 
       Torino 24 marzo 2001 presso 
      Teatro Colosseo
Ed anche per questo tour 2001 
      non si può che dire :" Una grande Mannoia!".
Si apre il concerto con un 
      ormai storico "Passalento" del sempre grande Fossati che insieme a De 
      Andrè , Ruggeri, De Gregori e Fabrizi formano il consolidato quintetto di 
      "angeli custodi" e autori, dei più grandi successi della 
      Mannoia.
Quello di Fiorella è un tour 
      che per fortuna utilizza teatri, come quello Colosseo, relativamente 
      piccoli. Un ambientazione ideale e necessaria per potere avere un rapporto 
      più diretto fra l'artista, i musicisti e il pubblico.
Di questo concerto spiccano 
      tre cose in particolare: -naturalmente la protagonista della serata: 
      Fiorella Mannoia
-i musicisti
-le luci
Riguardo alla Mannoia come 
      sempre non delude, voce calda e pastosa, grande carica interpretativa 
      matura, intelligente e colta . Tutto questo grazie anche al fatto che ha 
      la fortuna(sicuramente meritata) di cantare pezzi di un livello poetico e 
      musicale piuttosto elevato.
Sul palco non cerca di fare la 
      diva, si mette al pari dei musicisti che tratta con estrema dolcezza e 
      ammirazione.
Fra tutti questi pregi bisogna 
      trovare un difetto ed anche la Mannoia ne ha uno: pontifica un po' 
      troppo.Fa la premessa ai brani, spesso una parafrasi dei testi (inutile!) 
      e peggio ancora un commento del brano in relazione a eventi di cronaca o 
      "su questo mondo che va a rotoli".Dovrebbe lasciare libera 
      l'interpretazione da opinioni personali per valorizzare ancor piu 
      l'universalità della poesia dei testi.
Come si avvale di grandi 
      autori, così si attornia di grandi musicisti di una bravura e 
      professionalità che non passa indifferente. Splendide improvvisazioni che 
      non possono che impreziosire e completare pezzi già belli di per 
      sé.
Arrangiamenti nuovi per brani 
      storici come "Il pescatore", "Le notti di Maggio", "I dubbi dell' 
      amore"(quest'ultimo eseguito voce e pianoforte, 
      bellissimo!!). 
Ed è proprio al piano che c'è 
      un cambio della guardia: Danilo Rea (pianista anche di Mina) che aveva 
      accompagnato la Mannoia nel tour "Certe piccole voci" , vene sostituito da 
      un giovane quanto impressionantemente bravo L. Scarpa (tra l'altro 
      Torinese).Alla programmazione e organo Hammond P. Scarparelli; ai fiati 
      Maurizio Gianmarco(inutile fare commenti su come sax tenore e contralto 
      nonché flauto traverso possano esaltare ulteriormente i brani); alla 
      batteria Eglio Rivagli; al basso Franco Testa che utilizza oltre al basso 
      elettrico anche il contrabbasso ed infine il compagno di viaggio della 
      Mannoia da ormai 15 anni, il chitarrista P. Fabrizi ( autore di grandi 
      successi come i "Cieli d'Irlanda", "Non sono un cantautore").Una nota al 
      merito : è anche il produttore della Mannoia.
Tutto questo sarebbe gaà stato 
      grande, ma non bastava. Le luci e la scenografia hanno fatto tutto il 
      resto. Tanto semplici quanto efficaci: toni freddi, dall'azzurro al blu, 
      al bianco per il singolo del nuovo album:"Fragile"(che richiamano i colori 
      del video e della copertina dell'album); toni caldi e solari per "Il 
      pescatore"; splendidi giochi d'ombra e luce grazie a drappi che scendono 
      dal soffitto, e poi delle azzeccatissime lampade stile cinesi poste fra i 
      musicisti.
Tutto questo e tutto quello 
      che non ho descritto( per motivi di spazio e perché alcune cose vanno 
      ascoltate e non lette) fanno del concerto della Mannoia uno dei concerti 
      che definisco non belli, perché sarebbe troppo soggettivo e di parte, ma 
      forse uno dei più interessanti sul piano tecnico e sicuramente uno dei più 
      emozionanti, che non è 
      poco                                                            
      L’INT ERVISTA / 
      La cantante si racconta:
la 
      gelosia, la simpatia per Veltroni e l’orgoglio di essere una 
      «interprete»
Mannoia: tradimento? Quello di una notte va 
      perdonato
«Le donne belle le guardo anch’io, anzi le indico al mio 
      uomo. Mi piace il corteggiamento»
Il miglior concerto dell’anno, 
      quello di Fiorella Mannoia.
Sono classifiche che valgono se uno ci 
      vuole credere. Ognuno, poi, se le fa per conto suo.
Ma intanto Fiorella 
      Mannoia incassa il successo del suo tour estivo che l’ha vista 
      protagonista in trenta piazze e teatri italiani e che finirà al Palavobis 
      di Milano il 17 di questo
mese.
Un momento di tregua e parliamo 
      di donne, di femminismo, di gelosia, di tradimenti. E di 
      politica.
Cominciamo dal femminismo?
«E’ stata la rivoluzione non 
      cruenta più importante del secolo scorso. Ha influenzato tutte le donne, 
      anche quelle che erano contrarie al femminismo. I vantaggi sono ricaduti 
      su tutte».
Non sono state tutte rose e fiori.
«Tutte le rivoluzioni 
      portano con sé una parte di estremismo. E’ inevitabile. Quelle che si 
      rasavano la testa. Quelle che urlavano slogan pesanti e volgari contro gli 
      uomini. In tutte le rivoluzioni ci sono delle esagerazioni».
L’uomo è 
      uno sconfitto?
«Questa rivoluzione gli ha messo paura. Tutti gli 
      stereotipi in cui è cresciuto sono venuti a mancare. E ora si sente un po’ 
      disorientato. Basta pensare al corteggiamento».
Che cosa è successo al 
      corteggiamento?
«E’ scomparso. Sono le ragazze che fanno il primo 
      passo».
Lei?
«Io non lo farei mai. A me piace farmi 
      corteggiare».
E’ fedele?
«Si».
Ha mai tradito?
«No».
E’ mai 
      stata tradita?
«Spero di no. Credo di no».
E’ gelosa?
«Quanto 
      basta. Ma non sono visionaria. Se il mio uomo, Piero, guarda un’altra 
      donna, non mi preoccupo. Le donne belle si guardano. Le guardo anche io. 
      Anzi, gliele indico».
Che cosa succederebbe se si sentisse 
      tradita?
«Non lo so. Mi darebbe fastidio scoprire un tradimento che 
      dura da tanto. Ma il tradimento di una notte forse sarei capace di 
      perdonarlo».
Le donne oggi stanno meglio?
«Sono stati fatti tanti 
      passi avanti. Ma tra i grandi del G8 non c’era una sola donna. I punti 
      chiave del potere sono ancora maschili».
Che rapporto c’è fra canzone e 
      politica?
«Chi dice che l’ideologia deve stare fuori dall’arte lo dice 
      perché ha un’ideologia diversa dalla tua. Io canto quello che sono».
Ma 
      lei non scrive le canzoni che canta.
«Però le scelgo. E rispecchiano 
      quello che penso. Sto molto attenta alle parole perché la faccia ce la 
      metto io».
Ha mai provato a scriverle da sola?
«Ho provato. Ma è una 
      dote che non posseggo. Non canto le banalità degli altri e non propino le 
      mie. Per un po’ di tempo ho pensato che fosse una mancanza cantare cose 
      scritte da altri. Ma adesso rivendico con orgoglio il mio ruolo di 
      interprete. Ho fatto conoscere canzoni immeritatamente sottovalutate. Ho 
      dato valore a qualche canzone più degli autori stessi».
Ha mai fatto 
      politica attiva?
«Qualche sezione l’ho frequentata. Però mi sento 
      vicina a Nanni Moretti quando dice che non gridava slogan allora e cerca 
      di mantenere una certa lucidità anche adesso. Ho un mio sito Internet nel 
      quale dico quello che penso con molta pacatezza, senza fare 
      proclami».
Ha scritto un articolo anche su Micromega .
«Se me lo 
      chiedono non mi tiro indietro. A domanda rispondo».
E 
      frequenta.
«Che cosa frequento? Le Feste dell’Unità, il concerto del 
      Primo Maggio, le feste per Veltroni sindaco, il Gay Pride. Se mi chiamano 
      vado. Sono disponibile ad abbracciare una causa in cui credo».
Non è 
      andata a Genova.
«Per motivi di lavoro. Idealmente c’ero. Mi sono 
      sentita in colpa per non aver portato il mio piccolo contributo e non 
      essere lì a rischiare. E’ stata una presa di coscienza di massa che non 
      avveniva da tanto tempo. Una splendida nuova voglia di partecipazione. 
      Però...»
Però?
«Agnoletto e Casarini avrebbero dovuto capire che 
      certe parole non vanno pronunciate. Io non mi sento rappresentata da 
      Agnoletto e Casarini».
Nel suo sito critica Oliviero Diliberto, l’ex 
      ministro della
Giustizia.
«Perché andò a ricevere Silvia Baraldini 
      all’aeroporto. Mi è
sembrato una maniera di sfruttare la situazione. 
      Quella donna aveva sofferto abbastanza. Avrebbe dovuto andarla a trovare 
      in carcere se avesse voluto sinceramente portarle la sua 
      testimonianza».
All’aeroporto c’erano più telecamere.
«Appunto, per 
      questo non mi è piaciuto».
Alla sinistra non è dispiaciuto più di 
      tanto.
«Io l’indottrinamento non l’ho mai subito, né politico né 
      religioso. Ho sempre voluto ragionare sulle cose. Con la mia testa. Se 
      l’Unità scrive che c’è un asino che vola, io non dico che per lo meno 
      svolazza».
Ma l’Unità le piace?
«Sì. Adesso è molto bella. Ho 
      ripreso a leggerla».
Che cosa pensa di questi anni di governo di 
      sinistra?
«Non hanno saputo pubblicizzare ciò che di buono hanno fatto. 
      E spesso non hanno saputo affrontare problemi cari alle persone. Mesi e 
      mesi a parlare di Bicamerale. Mentre gli altri parlavano di tasse, di 
      pensioni, cose che entravano nel cuore e nel portafogli della gente. E lo 
      facevano con le bugie».
Chi le piace di più a sinistra?
«Veltroni. 
      Per bene, onesto, ci si può fidare, è l’unico che sa come rivolgersi alla 
      gente. Mi sarebbe piaciuto che prendesse in mano le sorti dei Ds in questo 
      momento».
Tra Bertinotti e Cossutta chi le piace di 
      meno?
«Bertinotti mi piace. Dice spesso cose con le quali sono 
      d’accordo. Ma non posso perdonargli di aver fatto cadere il governo Prodi. 
      C’era la fiducia della gente e una bella squadra che lavorava. Da quel 
      momento è stata una escalation di sventura. E la colpa originale è di 
      Bertinotti».
A destra chi le piace?
«Non lo so. Ci devo pensare. Non 
      mi viene in mente nessuno».
Le telefono domani?
«No, è inutile. Non 
      mi verrà in mente nemmeno domani».
intervista di: Claudio Sabelli 
      Fioretti clsabelli@tin.it